POETANDO

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martedì, dicembre 5

Le origini tortuose dell'elettroencefalografia di Silvio Coccaro

Le origini tortuose dell’elettroencefalografia



Il dottore Hans Berger, in servizio nell’esercito prussiano in qualità di ufficiale, un giorno ricevette dalla sorella una lettera in cui lei riferiva di averlo visto in sogno cadere da cavallo e fratturarsi una coscia. Fatto che puntualmente era avvenuto in precedenza, mentre la missiva non era stata ancora recapitata. L’ufficiale pensò subito che una tale coincidenza di fatti non fosse spiegabile se non con la telepatia, una forma misteriosa di comunicazione del pensiero tra persone lontane.
Al termine del servizio militare, gli fu conferita la cattedra di Neuropsichiatria presso l’Uni

versità di Jena, dove si dedicherà allo studio dell’attività elettrica encefalica per tutto il resto della sua vita.

Ma il suo vero interesse era la telepatia e voleva dimostrare che le forze elettromagnetiche conseguenti all’attività elettrica del cervello umano potevano spiegarla. Poiché essa era considerata giustamente poco ortodossa e perciò era malvista, egli condusse i suoi esperimenti di laboratorio in gran segreto.
Analizzò i propri segnali cerebrali, poi quelli di suo figlio ed infine quelli di alcuni pazienti con lesioni delle ossa craniche. Dapprima escluse che questi segnali potessero essere artefatti di origine ematica, poi dimostrò che l’attività elettrica era maggiore nell’area occipitale allorché l’esaminando chiudeva gli occhi.
Quindi riconobbe due ritmi: le onde alfa (denominate così perché furono le prime che scoprì) e poi le onde beta. In un articolo del 1929 scrisse che l’attività elettrica registrata era continua e si potevano distinguere due tipi di onde: una che durava 90 millisecondi ed un’altra che ne durava solo 35. Le deflessioni più lunghe nel tempo avevano un’ampiezza di 150 – 200 mVolt.






Tutto questo, invece di confermare la sua fede in merito alla telepatia, la smentì clamorosamente in quanto i potenziali cerebrali sono talmente piccoli da non poter essere percepiti da un altro cervello e richiederebbero l’interposizione di un conduttore con una bassissima resistenza, certamente non l’aria.

Ma le sue ricerche produssero, inaspettatamente, un risultato straordinario. Aveva dato origine all’elettroen-cefalografia, ossia alla tecnica di registrazione ed analisi dell’attività elettrica del cervello!
L’elettroencefalografia misura mediante elettrodi posti sul capo l'attività elettrica del cervello, che è a sua volta la somma di quella di ogni singolo neurone. Poiché tali potenziali misurano pochi mV, essi devono essere notevolmente amplificati (circa un milione di volte). Il tracciato che se ne ricava consente di valutare se nelle varie aree cerebrali l’attività elettrica è normale oppure no. Gli impieghi di questa metodica riguardano: i disturbi di tipo epilettico, le lesioni tumorali o circolatorie, le malattie degenerative, le alterazioni metaboliche, i vari tipi di coma, il monitoraggio dei farmaci neurologici, le cefalee, gli esiti di traumi cranici, l’uso di droghe psicoattive, lo studio del sonno e del sogno e l’accertamento della morte cerebrale (EEG piatto), specialmente per stabilire quando si può procedere all’espianto degli organi da destinare al trapianto.
Un importante risultato degli studi elettroencefalografici è il fondamento che l’attività elettrica dei neuroni, lungi dall’essere un rumore di fondo, è in realtà la fonte delle nostre capacità cognitive e capirne il cinguettio corale sicuramente getterà una luce vivida su come cervello e mente sono correlati.
Così, partendo dalle sperimentazioni sulla telepatia, siamo giunti all’essenza della natura umana: il pensiero e alla vita che ne deriva!

Silvio Coccaro
                                                                                                       

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