POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, novembre 26

LA BARBA DI DIOGENE, RIVISTA ONLINE N. 5


E' appena uscito il nuovo numero de LA BARBA DI DIOGENE, rivista multi
linguistica - filosofica di Ipazia Books.
In questa edizione è stato pubblicato, a pag. 10, un articolo scritto a due mani, da Tommaso Mondelli e da Oppio Danila.


Qui riporto il testo intero:

Riflessioni su Kant e la situazione odierna

Da anni ci stanno preparando psicologicamente a una guerra totale, detta Terza, forse, di brevissima durata, neanche fosse un gioco da ragazzi. E come se giocassero, Trump e Kim Jong-un, pare non vogliano tener conto che il loro gioco è pericoloso per l’intera umanità.
Dobbiamo preoccuparcene, o riflettere se è il caso di preoccuparci? Secondo me, la Seconda ha insegnato qualcosa d’importante. Chi perde e ne esce vivo, paga caro e anche chi ha obbedito agli ordini di chi ha perso, sarà chiamato a pagare. La guerra vera non si farà fino a quando non ci sarà il sicuro colpevole e, con i volta gabbana di oggi, non è facile identificarlo. Date retta a me. La terza c'è, ma non ci sarà.
Penso a quanto sostenne il filosofo Immanuel Kant nel suo trattato: Critica della ragion pratica. Vale la pena ricordarlo.
“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
 Queste due cose non ho bisogno di cercarle, e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza”.
Due essenze in contrasto pieno, come il buio e la luce. Non è possibile escludere che il suo pensiero abbia un contenuto di sapore filosofico, reale e inquietante? Insieme a tanta generalità con cui pone un filo conduttore, sembra che per l'uomo sia stata dettata una diversa funzione. Ma quale? In quale direzione e a quale scopo?  Si può attendere una risposta a questa domanda? E di che tipo?
    Kant si è chiesto “Perché l’uomo?” E’ una domanda filosofica senza risposta, che pone altre domande. So quello che vuole intendere e come lui anch’io non ho alcuna risposta. Allora: sia il microbo che l’ippopotamo vivono sulla terra e in armonia con essa, utilizzandola, nutrendosene e rispettandola. L’uomo, simile e diverso, per numero e capacità, cresce nelle due direzioni, modifica l’ambiente ed è sotto gli occhi di tutti, cosa ha combinato. E da qui il “perché l’uomo?” Questa specie che si crede un dio, che costruisce e distrugge, o è sul punto di farlo, ti domando, lettore, lo avresti creato tu un uomo così? Ti pare giusto stare a guardare? Siamo a no degli idioti? Perché l’uomo non sarà mai condannato a estinguersi, forse per salvare la terra?
  Tra non molto la terra emersa sarà popolata solo da uomini che dovranno finire col mangiare se stessi per nutrirsi,  uccidendosi a vicenda, non rimanendo altro.
    Perché dico questo? Fino a che punto noi dobbiamo pensare che l’uomo, con i suoi perché,  è un cancro della natura o un’aberrazione, una stoltezza, di cui potersi elogiare con Erasmo da Rotterdam. Per nostra fortuna, ci sono ancora molti cervelli che lavorano per il bene comune, ma se pensiamo a chi dovrebbe governare il mondo con coscienza, cadono le braccia.

Un’amica ascolta assorta le mie elucubrazioni, e ribatte.

 L'uomo per Kant è massimamente libero e tale sua libertà si radica nella morale. Kant rappresenta dunque il primo passo: il trionfo della libertà contro ogni possibile determinazione sociale. Adorno nota come la lettura che compie Kant della libertà dell’uomo conduca a una visione dell’uomo inteso come un “puro essere in sé assoluto”. L’uomo descritto da Kant diventa una sorta di pura razionalità, totalmente astratta, morale e libera.
Kant è consapevole come le domande fondamentali, che s’impongono a ciascun uomo nel corso della sua esistenza, siano sostanzialmente tre:
a) che cosa posso conoscere?
b) come devo comportarmi?
c) cosa posso sperare?
Sono domande cruciali e irrinunciabili, cui anche la nostra cultura contemporanea non può sottrarsi.
Sono tre domande apparentemente molto semplici e lineari che, tuttavia, appaiono decisive per ciascuna persona che voglia interrogarsi seriamente sulla vita. Decisive e ineludibili, soprattutto perché rinviano, in ultima analisi, a una questione fondamentale: chi è realmente l'uomo? 
L'uomo, qualunque uomo, è il frutto della conoscenza, della morale e delle speranze che sempre albergano nel suo cuore. Per Kant la conoscenza costituisce una possibilità, i cui confini e i cui limiti devono sempre essere indagati con precisione e con esattezza.
Non solo: la conoscenza, di per sé non esaurisce il comportamento umano concernente anche la vita pratica e, quindi, il suo dovere morale. Come devo comportarmi in quella determinata situazione? D'altra parte Kant, con la sua tricotomia, ci ricorda come conoscenza e morale si saldino anche con l'escatologia: che cosa possiamo sperare? Che cosa possiamo attenderci? Quali desideri nutriamo nel nostro cuore?
Sono domande di non facile risposta, dobbiamo solo rifletterci seriamente.

     Fuori dall'azione dell'uomo l'equilibrio regge. Le trasformazioni seguono un ritmo fondato su un principio che può anche essere sconosciuto agli operatori che lo osservano. Lo attuano con o senza consapevolezza? Noi non possiamo rispondere al posto loro. Lo sguardo al futuro ha un senso se ben si conosce il presente, e la storia dei cambiamenti avvenuti in passato, che sono storia certa. I cambiamenti non sono sottrazioni e aggiunte bensì mutazioni consentite dalla natura e dalla Storia, operante nel sistema totale.
     E' stato accertato che i grandi stravolgimenti portano a mutazioni rilevanti nei dintorni e cambiamenti ambientali perenni.   
     Con la vorticosa accelerazione imposta dall'uomo al ritmo della vita, la possibilità di un attrito, come il verificarsi di uno scontro epocale che mandi il tutto in frantumi, sembra probabile.
Appare chiaro che se la Natura a volte è crudele (terremoti, maremoti, inondazioni…) l’uomo lo è maggiormente, poiché pur avendo la possibilità di gestire al meglio questo nostro Pianeta, spesso opera all’esatto contrario. E a noi, poveri illusi, non resta che restare a guardare impotenti.

Tommaso Mondelli e Danila Oppio



Ovviamente su questo blog tendo a dare rilievo agli articoli da me scritti, o dagli amici di cui pubblico loro opere, negli spazi appositamente creati per loro. Ciò non toglie che consiglio di leggere tutta la rivista, dove troverete articoli di gran lunga più importanti di questo, basti guardare i nomi nel sommario. La troverete, insieme alle precedenti, sulla barra a destra della home page, cliccando sulla parziale illustrazione della copertina. 



giovedì, novembre 23

La limousine innamorata di La Dama del Nilo e il Cavaliere errante


La limousine innamorata

Il caso appariva strano, ma ora è ancora e veramente più strano. Sono entrato prima in garage e nella limousine poco dopo, ovvio no, si fa sempre cosi!? Ho inserito la chiave nel cruscotto, ho virato a destra, come al solito, niente.
Fredda come il ghiaccio.
Mi sono messo a pensare: io rifletto, e lei dorme. Chi è il matto? Certo che sono io. Esco. E dopo aver pensato, non troppo, ho capito. Stasera non vado, per non avere altro cui montare, nemmeno il cavallo di San Francesco. Non vado. E come faccio a dirle che sono a piedi? Così il fatto ha voluto che mi s’illuminasse il pensiero e farmi dire: per Bacco! Ma io ho le gambe! Cambio le scarpe e mi avvio e, di lì a poco, mi trovo allo stesso posto, dove fermavo la limousine. Sì, ma ora come faccio, se non ho la limousine per farmi riconoscere, per non averla portata nemmeno in miniatura? I fari non li ho, quindi non posso lampeggiare per avvisare che sono arrivato, non posso chiamare ad alta voce, ché potrei svegliare il vicinato.
Accendo una sigaretta, così che si veda almeno una lucina? Non ho i cerini e nemmeno le sigarette. Guardo nella solita direzione e vedo qualcuno che si avvicina. E’ buio, agito le mani e mi avvio per andare incontro.
Ah, è lei! Mi faccio più vicino, l’abbraccio e la stringo e la bacio e subito le dico:
- Sono a piedi. Nemmeno la bicicletta!
Mi guarda e dice:
- E allora, dove mi porti questa sera se non all’ombra degli alberi del viale? Ce ne torniamo ognuno a casa propria?
- Io avrei un’altra idea.
- Quale sarebbe?
- Avviarci a piedi, con l’intenzione di fare una passeggiata    romantica, non ne abbiamo mai approfittato di farne una.
- Andiamo. Ci avviamo lungo il viale alberato, ai lati si sentono profumi deliziosi di vario tipo, sottobraccio affiancati e al buio come due fantasmi, tre curve, quattro ponti a sei arcate e appare l’entrata costellata di luci dello chalet.
- Lo chalet - e in coro - lo chalet, ma è proprio lo chalet.
Ancora due passi e le cose non cambiano, la chiave nella toppa e l’uscio si apre. Siamo proprio allo chalet, chiudiamo dall’interno e ci adagiamo comodamente sul divano bianco che riconosciamo a vista e al tatto. Poi a un certo momento lei mi guarda e dice:
- Ma si può, si può venire anche a piedi.
Io non rispondo e dico tra me, tu non sai da dove io vengo. Ho consumato le suole delle scarpe e se qui non trovo un paio di riserva, domani sera non avrò più i piedi.
Intanto ricominciamo daccapo scrivendo un testo tosto e un bicchiere di whisky on the rock scalda la temperatura che comincia a salire e, un po’ sfatti, afferriamo la nostra penna, e scivoliamo verso la zona notte, per cercare una diversa posizione e per sentirci più comodi, ci spogliamo quasi del tutto. Il clima cambia insieme con le danze e i giochi sussultori e ondulatori che si protraggono fino a notte inoltrata e, quando proprio non ne possiamo più, abbracciati alle nostre penne, che cadono distese con le ultime parole famose:
- Il caffe! 
Questa è pur sempre la nostra notte. Scrivono le penne agitatissime.
A piedi, romanticamente a piedi. Cosa non fa l’amore per fare all’amore? L’amore è l’unica medicina per ogni cosa, anche per la malattia.
- Oh bella davvero, questa storia della limousine che non voleva saperne di partire! E sai perché non voleva partire? L’ho vista in garage, svestita, con addosso solo un paio di pantofole a forma di coniglietto! Mai che le abbia viste prima, ma le ho trovate simpatiche, infilate nelle ruote.
La signorina, tirata a lustro e col pieno di benzina, attendeva con ansia il suo fuoristrada, del quale si era perdutamente innamorata. Per questo non ha fatto una piega, quando hai tentato di accendere il motore. E ti ha costretto a uscire a piedi
E domattina? Ma certo! Il nostro caffè, immancabile come sempre, con quella moka brontolona che ci vuol svegliare a tutti i costi, anche se a noi piacerebbe tanto starcene al calduccio sotto le coperte, prima di mettere i piedi per terra, alzarci e andare da quella sbuffante buffona sbruffona, che però sa fare un ottimo caffè.
E dopo? Dopo andremo a spasso a piedi, con le scarpe rotte? Ma no, nello chalet c'è una stanza guardaroba, dove nel ripiano in basso si trova in bella vista una collezione di scarpe per ogni stagione, maschili e femminili, e sopra ben disposti sulle grucce, ogni genere di abiti, e nei cassetti di mezzo, camicie di ogni Foggia e colore. Ma anche di ogni Bari, e tutti pari, poi seguirà il Brindisi, e saremo a cavallo, fosse anche quello di San Francesco! Altro che storie! Sarà una bella storia, come lo sono sempre le nostre, scritta a due mani e quattro piedi scalcagnati!

La Dama del Nilo e il Cavaliere errante



lunedì, novembre 20

LA GRATITUDINE di Maurizio Picariello



A prescindere dal proprio credo, dalla propria religione o dall'ateismo, direi che questo discorso di Maurizio è di una chiarezza illuminante. Davvero abbiamo scordato di ringraziare, tutto ci sembra dovuto, un ricevere naturale, per il quale non serve essere grati a nessuno. Se qualcuno ci fa un favore, lo cancelliamo, come se quell'aiuto, quel favore ricevuto, ci fosse dovuto anzi, talvolta pensiamo che sia stato colui che ci ha dato una mano, o una parola buona, a doverci essere debitore. Purtroppo è così e mi sono imbattuta io stessa in tante situazioni di indifferenza, se non di intolleranza, di fronte a favori, aiuti e collaborazioni gratuite, i cui destinatari si sono comportati come se niente fosse, come se avessi fossi io a doverli ringraziare, per essersi rivolti a me. E spesso ho ottenuto parole dure, spalle voltate, ingratitudine e rifiuto. 
Bene, so di aver fatto del mio meglio per venire incontro a molte persone, e l'ho fatto senza pretendere nulla in cambio...ma almeno un GRAZIE, che non costa nulla, avrebbero anche potuto farlo uscire dalle loro labbra.

Ecco, dico GRAZIE a Maurizio, perché ha centrato il problema, e mi ha prestato le parole che io non avrei saputo pronunciare con tanto fervore. Oggi, neppure i figli ringraziano i genitori per quanto hanno fatto per loro. C'è forse da aspettarselo da un conoscente, un amico? Domanda che ha una sola risposta: SI, ce lo saremmo aspettati. Ma uno su dieci, se va bene, come i lebbrosi guariti da Gesù, sarà il solo a dimostrare gratitudine.

Danila Oppio

sabato, novembre 18

IN MORTE DEL LOSCO RIINA di Danila Oppio - pubblicata su ROSEBUD

In morte del losco Riina

Poesia  metasemantica (simil Gnòsi delle Fànfole)

Se sgusciagliando nella froda gronda
T’imbratti battendo la starpa affronda
Caspita di sfrugolare nella stretta morca
E catapultisci verso il torrone.

Mai approcchiarsi a un losco informe
Quasi che sbroglische tarme infami
Potrebbi cascottare nel picioso latrame
Come se sciscolassi sotto le storchie
Di un piscoloso lurcido cantrame.

Ci sto provincando, non so se ci riusco
A facchiare la poesischia di Fosco
Ma Raini non sapra, e mappure Riina,
poschiè son moricchi e non tronano più.

Danila Oppio



Per chi non avesse capito…

Se infilandoti nella fredda notte
T’imbatti in una pozzanghera
dove la scarpa affonda
Capita di finire dentro la grigia morchia
E scivolare verso il burrone.

Mai approcciarsi a un losco individuo
Poiché imbroglia con trame infami
Potresti cadere nell’appiccicoso letame
Come se scivolassi con le ciaspole
Su di un vischioso lurido catrame.

Ci sto provando, non so se ci riesco
A rispecchiare la poesia di Fosco
Maraini, e non saprà, e neppure Riina
Poiché sono morti e non tornano più.