POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, ottobre 31

Prima e dopo (una separazione)

Edvard Munch: il giorno dopo
Prima e dopo
 (una separazione)

Prima il loro letto
era sempre disfatto
ora è freddo, perfetto
il di lei volto sfatto.

Prima litigavano
per poi fare pace
adesso si trovano
senza un “mi spiace”.

Prima poetici canti
e sussulti d’amore
ora lacrime e pianti
tristezza nel cuore.

Lei l’ama ancora
con vero trasporto
lui, invece l’ignora
e non le dà ascolto.

Questa la storia
 ed è certo che accada
s’è senza memoria
persa per strada.

Danila Oppio




ALLEGORIA O SIMBOLO? di Roberto Vittorio Di Pietro

La composizione poetica "In un diario odeporico" di Roberto Vittorio di Pietro, è uno dei due distinti capisaldi dell'intera  sua silloge Come conchiglie, liriche. Il diario odeporico, è un vero e proprio trio musicale e un dichiarato omaggio, da parte dell'autore, al post-moderno, anche sotto l'aspetto delle soluzioni formali, che consiste di tre componimenti di taglio poematico:
1) Aux Adieux 2) Packages all-inclusive 3) Scrittori esploratori fuori strada
fra loro inscindibili in quanto, sotto diversi profili di carattere narrativo/teatrale, affrontano uno stesso tema filosofico di valore atemporale. Quale? La risposta si trova in un epigramma a pag. 45 della silloge, dal titolo Allegoria o simbolo?
Quindi, seguendo i suggerimenti dell'autore, qui riportiamo l'epigramma appena citato, e prossimamente saranno pubblicate, in questo stesso contesto, i due successivi componimenti che fanno parte del trio i cui titoli sono ai punti 2 o 3.
Aggiungerei un pensiero di Virginia Wolf,  tratto dalla  seguente dispensa di Di PIetro, e uno di Borges.



"I distintivi ieatici, le divise, le medaglie, le corone, non bastano, non dovrebbero bastare, a contraddistinguere il savio dal folle".

"Se la narrazione di un racconto e la declamazione di una poesia si unissero di nuovo, potrebbe succedere qualcosa di molto importante. Gli uomini non si stancheranno mai di raccontare o di ascoltare storie. E se al piacere che ci venga narrata una storia si aggiunge il piacere della nobiltà del verso, allora sarà accaduta una cosa grande: il poeta sarà nuovamente un artefice – voglio dire che narrerà una storia e la canterà  pure, e non vedremo due cose come non le vediamo distinte in Omero o in Virgilio.

Jorge Luis Borges da” Lezioni americane – Invenzione della poesia”

Johann Wolfgang von Goethe

ALLEGORIA O SIMBOLO?
(Epigramma)

Camicia rossa? o nera? Un sol grigiore
è una bandana pure, o un orecchino,
o quella pelatina, o il baffo altero...
gli impolverati fiori che, al tuo occhiello,
le tinte di natura non le svelano.

Nuda, o personamàschera, veleggia
come lassù la nuvola simbolica
labile forma, tu: tua umana specie,
plurima in sé, sia pluralmente identica
alla sua variegata identità.

Roberto Vittorio Di Pietro

Scosse telluriche: svegliamoci!

Non ho parole per quanto sta succedendo in Centro Italia. Sappiamo che le scosse telluriche sono causate da eventi naturali, e non possiamo impedire che la terra si scrolli di dosso le pulci. Si poteva certo prevenire, come hanno sempre fatto in Giappone, con costruzioni anti-sisma. Ma è anche ovvio che certe opere murarie, come chiese o palazzi antichi, non si possono puntellare con la speranza che qualche appropriato ritocco possa garantire e impedire il crollo delle stesse. Così come certe case antiche, che hanno una loro storia, si vorrebbe che restassero a ricordo dei tempi passati. Ma sono solo sogni.
Quello che invece si poteva evitare, riguarda il crollo del cavalcavia sulla Milano-Lecco. I segni erano evidenti, e un cantoniere aveva avvisato chi di competenza. Come minimo, avrebbero dovuto chiuderlo al traffico anche se, dalle vistose crepe si poteva subodorare che sarebbe potuto crollare alle prime raffiche di vento o pioggia.
Il nostro Bel Paese sta subendo colpi da ogni dove. Non ci resta che piangere, direbbe Massimo Troisi, ma quel che invece occorre fare, è pensare seriamente a rimettere tutto a posto, e in fretta.
Se poi penso allo sciacallaggio - opera di infami - mi ribolle una incontenibile rabbia. Tanta gente ha perso tutto quel che le era caro, in primis gli affetti di chi è stato sepolto dalle macerie ad agosto. E poi ogni suppellettile che rappresentava ricordi di famiglia, valori oltre che materiali, soprattutto sentimentali.  Se qualcosa fosse stato possibile ricuperare, è stato reso vano da azioni inqualificabili. Come si fa a portar via quel poco che è rimasto, a chi non ha più nulla? né un tetto sulla testa, né un abito da indossare, né un tavolo dove riunire la famiglia a pranzo o a cena. Non vado oltre, perché potrei pronunciare insulti irripetibili.
Una domanda sorge spontanea: ma non si potrebbe sospendere questa cosa del SI e del NO, dedicando tempo e risorse a qualcosa di molto più urgente? Come per esempio ricostruire le case per gli sfollati? E aiutarli a riprendere a vivere dignitosamente? La Costituzione è rimasta invariata per decenni, anche se aspettiamo ancora qualche anno, cambia qualcosa?
Una bella scossa anche alla nostra coscienza di italiani, sarebbe gradita, soprattutto da parte dei politici.
Danila Oppio

Ora lascio la parola a Silvia Pegah Scaglione e a Paola Scozzari.
TERREMOTI

Sono cresciuta a Teheran che si trova su una faglia, forse una delle zone più pericolose dal punto di vista sismico. Quando ero piccola, almeno una volta ogni qualche anno, si verificava un terremoto. Ricordo con nostalgia le nottate passate nel giardino dell'appartamento in cui abitavamo, con i vicini, il tè caldo che preparava quella del piano terra e le storie dei più grandi che parlavano di terremoti passati in cui la terra si apriva in due e ci cadeva dentro una persona, due, dieci, cento, una città intera... le esagerazioni della memoria e quelle mitizzazioni quando si raccontano le cose ai bambini e piano piano la si spara sempre più grosse. Almeno una volta all'anno la terra tremava, tanto. Ho sempre abitato all'ultimo piano, gli edifici alti oscillano molto, si flettono all'inverosimile. Ricordo che dal cortile vedevamo questi energumeni di acciaio piegarsi. La verità e che non ho paura dei terremoti, mi procurano nostalgia, piuttosto, e forse è terribile da confessare. Come i boati. Avevo quattro anni quando ci fu la guerra tra Iran e Iraq, era cominciata molto prima, ma in quel momento gli iracheni erano riusciti a colpire anche la capitale. Ricordo ancora le sirene che annunciavano i bombardamenti e noi che correvamo nelle cantine, per lunghe ore con gente che non conoscevo e si creava una familiarità strana, la complicità del non sapere cosa sarebbe successo da un momento all'altro. Adoravo quelle situazioni, si era più vicini. Sapevo anche che un giorno saremmo potuti saltare in aria, proprio come è accaduto a una mia compagna di giochi: aveva la casa a poche centinaia di metri dalla nostra. Casa finita nel nulla e lei non c'era più per strada a giocare a palla prigioniera. Ma da bambini sembra tutto diverso, si sa tutto e non si sa niente. Niente è così terribile da paralizzare nel terrore e anche quella paura trasforma in ricordo dolce e amaro al tempo stesso.

Silvia Pegah Scaglione

AMATRICE (ma anche a tutti gli altri luoghi colpiti dal terremoto)

Duro legno
bianco,
serrato col sigillo
sgomento
del pianto.
Un asciutto bocciolo lo adorna,
implora una lacrima, ancora
per quello strazio senza posa.
Mesto rintocco: campane,
ed abbaiar di cani,
e tremore sotto i piedi,
sobbalzi
nell’animo.
Terra di sughi e di sassi,
di storie e di sogni,
di vite spezzate nei sogni…
Quei sogni.
Terra di polvere e sassi,
speranze e cordogli,
polvere…
Quanta gelida polvere
Su tanta, disperata,
Umanità.

Paola Scozzari (Da Vento a Tindari)



domenica, ottobre 30

IN UN DIARIO ODEPORICO di Roberto Vittorio Di Pietro

CAPITOLO II

GIRIGOGOLI E GHIRIBIZZI

Quell'occhio laterale che cianno i polli
che pare una trovata di Picasso...
l'oblò d'un cesso vuoto d'ogni intendimento...
e invece te guardano.
(Carlo Emilio Gadda)

§§§§§

Amer savoir celui qu’on tire du voyage!
Le monde, monotone et petit, aujourd’hui,
Hier, demain, toujours, nous fait voir notre image:
Une oasis d’horreur dans un désert d’ennui.
(C. Baudelaire)











* * *
IN UN DIARIO ODEPORICO
Trio
 per
corno inglese, castagnette e viola d'amore

I.
"Aux Adieux"

What is truth? said jesting Pilate;
and would not stay for an answer
(Francis Bacon - Essays, "Of Truth")  


A Jorge Luis il Grande – le cui spoglie
giacciono in pace (forse, almeno sembra…)
nella tranquilla Helvetia, a Plainpalais.



Artisti a testa in giù…brrr! Figurarvi
se, in picchiata sul lago di Léman,
con il biplano di un collega – un cinico,
ch’è poliglotta e sfotte anche in patois…
credessi io mai che “…a noi cosmopoliti,

financo ai pochi indegni di un Nobèl,

la Svizzera elargisce fior di esequie

e, all’occorrenza, requie in un caveau!
Dal cielo giunto incolume, ringrazio
di non dover finire a Plainpalais.
Finché, in hotel, non sento da un ”…emerito
docente ginevrino…insomma, indigeno…
(rassicurante, ancora, il mio aeronauta!)

che “…là sta, morrrto, un grrrande, un…perrruviana?

o meddiosangue anglais…un cerrrtooo…Borrrg.

Eppure, oui! (lo punge qualche dubbio)
Vi dico ch’è così…j’en suis certain!
In terra là…seppolto…se-pe-li-to…”
Mi dico: fra sti vivi, io che ci faccio?
Salto su un carro funebre e…m’avvio.

* * *

Ci misi un’ora - oddìo, si sa, i furgoni…-
"Ci fossi tu, Miss Bédèker," sospiro,
"forse li apprezzerei sti bei palagi..."
(Tu chi? Ah lei, è Beatriz:il mio fantasma

che, a proprio inappellabile giudizio,

svanisce e ricompare sugli spalti.

Di più, vorreste? Odia gli pseudonimi;
già mi ripudierebbe, se scoprisse
che gliene ho dato uno a sua insaputa.
Come, da Eugenio, Clizia e Dora e Mosca,
e parimenti Silvia dal suo Giacomo,
da me pretende un congruo anonimato.)
Oh  il tedio, Borges caro! Anche a Ginevra,
quando si è incustoditi in mezzo al traffico,
l'ultimo viaggio sembra interminabile.

Sul posto, invece, tutta un’altra cosa.
“Che camposanto, “ penso, “è un orologio!
Perfetto omaggio alle tue simmetrie;
però, con ste lancette che s’inseguono,
ha un ticchettio che non concilia il sonno.”
E infatti non dormivi – ti ricordi?
(Aveva un paio d’occhiaie! da far spavento.)
Con ironia più accesa del consueto,
come uno spettro in armi m’accoglievi:
“Soy ciego yo, o sei tu!…che non la vedi?…
la stradannata insegna di quel bar?
Sei sordo? Non lo senti sto rimbombo
che viene da quel covo di superstiti?
Gli elevetici! Compunti, compassati,
soltanto ai funerali se la spassano.
E, ahimè, le sepolture quotidiane
qui son delizie luuunghe! E fragorose.
Stamani, poi! Dall’alba gozzovigliano.
Per chi? Vedrai…per qualche calvinista
che in vita sua non ha mai alzato il gomito.
Botti e petardi!…come a Capodanno!
O siano forse…i tappi di champagne?
Compari nei piaceri della carne,
nemici quanto ai beni dello spirito!
Da’ un’occhiatina. Va’!…non sei curioso?
E’ incline al dolo, al furto, al tradimento,
l’uomo che non ha musica in se stesso
ma gode nel frastuono, come un bruto.
T’aspetterò. Mi serve un resoconto
Su sta buvette che chiamano Aux adieux”.

* * *

Ci andai e, in un baleno, fui coinvolto.
“Entrez! Venez, monsieur! Siete strranniero?
Un verre de Veuve Cliquot? Buvez ! Corragio!” –
mi fece una gran dama, riccia e brilla,
cui pare si dovesse quel festino –
“Io…sollo vin nouveau…per riccordare

mon compagnon…un celebre écrivain!
Ogg…è l’anniversaire del suo décès.
Ah un serrrvellone d’anciclopedista…
e un raconteur che, fa venti ani e più,
scrivveva comme un fou! E poi? Un cancer.
Ma prreego…una tarrtina di foie d’oie?
Et moi? La beela giovvine Maria…”
(“Ma no! – mi dissi – è…lei! Uhm, strana volpe!
L’ultima musa sua…che fa la svizzera!
E come posa!” Intuì? Cambiò pelliccia.)
Non ero che una larva…da dipingere!
Come per Edgar Poe la sua Ligeia.
E avesse almeno chiuso coi pennelli
quel giorno che, bon Dieu, perse la vista!
Nemmeno più la tela distingueva
e, scema io, a fargli da modella!…
Comprende? Però adesso…a giochi fatti…
guardi che bendidìo! Grazie al suo argent.”


* * *
Tornai. E trasalii nel ritrovarti
seduto al fresco, a leggerti il giornale!
Parevi trasformato, eri brioso:
“Quale miglior panchina di un sepolcro
per aggiornarmi sull’eternità!…
Orbo? Oramai una lince! Ma mi limito
ai necrologi – ah, quelli! mi elettrizzano.

Cum mortuis loquor, et in lingua mortua.
Così esorcizzo il mito che le storie
dei neofantasmi passino alla storia.”
Tanto insinuavi. E, arcuando un sopracciglio,
“Allora? Com’è andata alla…kermesse?
Hai scoperto se ha torto chi asseriva
che il tempo ha uno zainetto in cui raccoglie
oboli per l’incuria degli ingrati?
No, taci! Che puoi dirmi? Imparerai
quanto spesso chi mente è in buona fede.
‘La verità…what’s that? – chiese Pilato,
 celiando – e non attese una risposta.’:
Bacone. Non lo hai letto? Lo consiglio.”
Ridendo sospiravi – o viceversa?
Gli eccentrici, pensai, valli a capire!
“Mi sembri alticcio…oh oh, t’han fatto bere.
Al mondo che procede…o alla memoria?
Amico mio, chi brinda a un dipartito
già celebra l’inizio dell’oubli.”
Strizzavi l’occhio; e biascicando (un vezzo?):
“Credo ne cras…scompaia anche il ricordo!
E’ un attimo…e, se poco poco indugia,
annoia – come fa in letteratura.
Ancora? Et encore!…” – e mi additavi il bar –
“Tragedia o farsa…l’enfasi simbolica…
come un tumore, è il brufolo di troppo.
Li…senti?” (Annuii: ormai sentivo anch’io
l’enorme oscenità di quel soverchio. )
“Di giorno può cantare un usignolo,
quando le oche strillano? Parrebbe
fin meno musicale di uno scricciolo.
Solo le circostanze riconducono
le cose belle al loro giusto pregio.”


* * *
E sparve Jorge Luis! Non feci in tempo
a dirgli, oh che ne so, che non sbagliava?…
ma che c’è il pro e il contro in ogni cosa?
Defunto o redivivo, tagliò corto.
Compresi: era lo spunto del romanzo
che mai non scrisse – mai, per non tradire
l’arcano immenso della Brevità.
Roberto Vittorio Di Pietro   


Rimando al link sottostante, per la lettura di un saggio su Borges, ad opera dello stesso autore