POETANDO

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domenica, febbraio 28

La lista della spesa di Umberto Eco - seguito

Ho ricevuto questa mattina una email da parte di un amico lettore di questo blog, il cui contenuto pubblico qui sotto:
  "Ho letto nel blog proprio un minuto fa un qualcosa di carino su Umberto Eco. A parte il fatto che di lui ho letto ieri su una rivista una critica recensiva non molto plaudente, ma ammiro ciò che tu ne dici, anche  se l’altro non era maldicente. Vorrei farti notare una cosa che mi appare un errore, anche se poi risulta che l’errore è dalla mia parte che noto l’errore.( ndr: carina come espressione!).  Scrivi nell’assunto "sé stesso" e a me pare che l'espressione vada scritta "se stesso", mentre il "sé" lo deve essere se manca la particella "stesso". Non è che hai voluto imitare Eco nel pensare di scrivere come non si deve scrivere. In tal caso mi ritiro, ma la gente che legge non la potrebbe pensare così. Mi sono permesso dato che quello scrivi è leggibile da parte di molti. E che si tratti di lapsus calami."

Rispondo all'amico ringraziandolo per il contenuto della sua email, perché il problema che ha posto mi ha costretta (piacevolmente) ad occuparmi di una ricerca in merito.
Premesso che uno straniero che debba imparare la lingua italiana, avrebbe difficoltà a distinguere un "se da un sé" e quindi non saprebbe come tradurlo, posso azzardare un esempio sui generis:
se stesso: tradotto in inglese:    himself 
                 tradotto in francese:  lui-même
                 tradotto in spagnolo: sí mismo
                 dal latino:                   sibi 

Allora facciamo il punto: le traduzioni qui sopra sono corrette, ma se tralasciamo l'accento su "se": una persona che non conosce la nostra lingua e traduce così come vede scritto, potrebbe arrivare a questo inaspettato risultato:

se stesso: if same (se come)
                 meme si  (anche se)  -mi spiace ma non ho l'uso dell'accento circonflesso sulla e 

E così per tutte le altre lingue. Ovvero,  se stesso verrebbe tradotto con altro significato, basandosi sul "se" senza accento, che è congiunzione dubitativa.
Secondo il mio modesto parere, sarebbe meglio mantenere l'accento (sé stesso), in quanto si tratta di un pronome personale riflessivo di terza persona, mentre il "se" non accentato è una congiunzione. Alcuni esempi presi dall'Enciclopedia Treccani:
Esempio di congiunzione:
Se fossi venuto ieri, mi avresti trovato 
, con l’accento acuto (dal latino se), è il pronome personale riflessivo di terza persona
Pensa solo a 
Di per  sarebbe una buona idea.
  • Una diffusa consuetudine vuole che il pronome personale perda l’accento davanti all’aggettivo dimostrativo stesso, perché verrebbe meno la possibilità di confonderlo con la congiunzione se.
  • Tuttavia, non c’è ragione per cui una medesima forma debba essere scritta in un caso con l’accento e in un altro senza; inoltre, il problema della confusione potrebbe sorgere al plurale (se stessi e se stesse sono sequenze nelle quali se può essere congiunzione, in frasi come: se stessi male, ti chiamerei; se stesse a casa, risponderebbe).
  • È dunque consigliabile, perché più logica ed economica, la forma stesso
Dunque Treccani conferma il mio pensiero. Proprio in ragione di uno studente straniero che, se desidera imparare la nostra lingua, possa incorrere nel rischio di tradurre in modo errato l'accezione "se stesso" scritta priva di accento. 
Ma andiamo oltre. 
In questi giorni l'Accademia della Crusca è stata presa d'assalto per il  neologismo  "petaloso" coniato da uno studente. (Che poi non lo ha inventato lui, in quanto già nel 1700 è stato usato in un libro di botanica. 

Ho deciso allora di ricercare tra le pubblicazioni  della Crusca, in rete , cosa dice a proposito di "se stesso" o "sé stesso". Diciamo che valgono entrambi, poiché se recentemente si è persa l'abitudine di accentare il "sé", resta comunque il fatto che lo stesso Manzoni lo aveva inserito nel suo romanzo "I promessi sposi". E lo scrittore milanese era pur andato a "lavare i panni in Arno"! 





Ecco dunque cosa ci dice l'Accademia della Crusca:


Accentazione del pronome se stesso
Il pronome tonico riflessivo singolare e plurale  ("ognuno pensi per sé"; "la guida disse agli escursionisti di portare gli zaini con sé") richiede l'accento acuto, che va dal basso verso l'alto, da sinistra a destra, ed indica graficamente la pronuncia chiusa della vocale e (ossia il fonema anteriore o palatale medio alto /e/), distinguendosi in tal modo dal se congiunzione ("se te ne vai, avvertimi") o pronome atono ("se ne andò").
Riguardo alla possibilità di alternanza tra le forme sé stessi e se stessi, si possono notare due diverse tendenze.
Alcuni studiosi evitano infatti in questo caso di indicare l'accento a livello grafico, considerandolo non richiesto in quanto il pronome non può confondersi con il se congiunzione. Tale confusione potrebbe eventualmente generarsi solo estrapolando dal contesto la forma rafforzata se stessi, interpretando stessi come prima o seconda persona singolare del congiuntivo imperfetto del verbo "stare".
Alla voce "sé" il GRADIT - Grande dizionario italiano dell'uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro (Torino, Utet, 2000), presenta quindi i seguenti esempi privi di accento grafico: «adesso è inutile prendersela con se stessi, non gli manca la fiducia in se stesso»; «tradire se stessi». Analogamente, nel Sabatini Coletti - Dizionario della Lingua Italiana (Milano, Rizzoli-Larousse, 2005), alla voce "sé" gli autori notano a lemma, tra parentesi, «si può non accentare prima di stesso, medesimo», inserendo nella voce i seguenti esempi e citazioni d'autore: «per convincere gli altri bisogna prima convincere se stessi»; «in se medesimo si volgea co' denti (Dante)».
Altri considerano invece opportuno indicare sempre l'accento del pronome tonico riflessivo, scrivendo pertanto sé stessosé stessasé stessi ecc.
Luca Serianni (Grammatica italiana - Italiano comune e lingua letteraria, Torino, Utet, 1991o', p. 57) ritiene, ad esempio, «Senza reale utilità la regola di non accentare  quando sia seguito da stesso o medesimo, giacché in questo caso non potrebbe confondersi con la congiunzione: è preferibile non introdurre inutili eccezioni e scrivere sé stessosé medesimo. Va osservato, tuttavia, che la grafia se stesso è attualmente preponderante [...]». In proposito, infine, il DOP - Dizionario d'ortografia e di pronunzia redatto da Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini e Piero Fiorelli (Torino, ERI, 1981) osserva (s.v.): «frequenti ma non giustificate le varianti grafiche se stessose medesimo, invece di sé stessosé medesimo».
Svolgendo una breve indagine in diacronia, vediamo che il Tommaseo-Bellini (N. Tommaseo-B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, Unione tipografico-editrice 1861-1879) riporta negli esempi (s.v.) il pronome rafforzato privo di accento nelle forme se stessase stessose stessi.
Consultando la LIZ 2001 (Letteratura Italiana Zanichelli, CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale Stoppelli, Eugenio Picchi, sistema di interrogazione DBT in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bologna, Zanichelli, 2001) è inoltre possibile osservare che nelle sue opere il Manzoni impiega entrambe le forme. Per se stesso la LIZ riporta infatti 18 contesti, tra i quali il seguente, tratto da Fermo e Lucia (la forma non accentata è tuttavia assente nelle due successive edizioni dei Promessi Sposi): «lecito anzi bello il condannare, cioè quando uno giudica se stesso. Vedete quello che hanno pensato dei loro scritti amorosi - Tomo 2, cap. 1.12»; se stessi vede invece 3 contesti, tutti in Fermo e Lucia, come ad esempio «di quel giorno, non sapendo bene render conto a se stessi se dovessero essere soddisfatti o no, parendo loro che - Tomo 3, cap. 7.29». La forma con accento grave sè stesso occorre in 33 contesti, 1 in Fermo e Lucia, 13 nella "ventisettana", 14 nella "quarantana", 5 in Storia della colonna infame. Nell'edizione del 1840 dei Promessi Sposi possiamo ad esempio leggere: «tremava anche per quel pudore che non nasce dalla trista scienza del male, per quel pudore che ignora sè stesso, somigliante alla paura del fanciullo - Cap. 8.67». Al maschile plurale sono attestati 2 contesti, entrambi riguardanti il medesimo passo delle due edizioni dei Promessi Sposi, che qui cito dalla "quarantana": «I vaneggiamenti degl'infermi che accusavan sè stessi di ciò che avevan temuto dagli altri, parevano rivelazioni - Cap. 32.24». Non c'è invece attestazione per la forma con accento acuto sé stesso, mentre è registrato un solo esempio con sé stessi, tratto dall'opera Il Conte di Carmagnola: «MARCO \ ... tutti / I generosi, che giovando altrui / Nocquer sempre a sé stessi, e superate / Tutte le vie delle più dure imprese - At. 1, sc. 5.16». È noto che la distinzione tra accento grafico grave e acuto era largamente trascurata ancora nel secolo XIX.
In conclusione, sebbene negli attuali testi di grammatica per le voci rafforzate se stessose stessa e se stessi non sia previsto l'uso dell'accento, è preferibile considerare non censurabili entrambe le scelte, mancando in realtà una regola specifica che ne possa stabilire il maggiore o minore grado di correttezza. Si raccomanda di tener conto di questa "irrilevanza" specialmente in sede di valutazione di elaborati scolastici e affini.

A cura di Manuela Cainelli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
2 agosto 2007




A conclusione di questa lunga ed elaborata ricerca, posso sostenere che la ragione è di entrambi, ovvero sia dell'amico che ha sollevato il problema, sia mia. Ma credo che, a ragion veduta, sarebbe meglio mantenere l'accento, per agevolare gli studenti stranieri che desiderano imparare la nostra lingua.

Danila Oppio

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