POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, giugno 1

Dante e Aleardi cantano di Manfredi e Corradino

  1. Così ’l maestro; e quella gente degna
  2. "Tornate", disse, "intrate innanzi dunque",
  3. coi dossi de le man faccendo insegna. 
  4. E un di loro incominciò: "Chiunque
  5. tu se’, così andando, volgi ’l viso:
  6. pon mente se di là mi vedesti unque". 
  7. Io mi volsi ver’ lui e guardail fiso:
  8. biondo era e bello e di gentile aspetto,
  9. ma l'un de' cigli un colpo avea diviso
  10. Quand’io mi fui umilmente disdetto
  11. d’averlo visto mai, el disse: "Or vedi";
  12. e mostrommi una piaga a sommo ’l petto.   
  13. Poi sorridendo disse: "Io son Manfredi,
  14. nepote di Costanza imperadrice;
  15. ond’io ti priego che, quando tu riedi, 
  1. vadi a mia bella figlia, genitrice
  2. de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
  3. e dichi ’l vero a lei, s’altro si dice. 
  4. Poscia ch’io ebbi rotta la persona
  5. di due punte mortali, io mi rendei,
  6. piangendo, a quei che volontier perdona. 
  7. Orribil furon li peccati miei;
  8. ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
  9. che prende ciò che si rivolge a lei. 
  10. Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
  11. di me fu messo per Clemente allora,
  12. avesse in Dio ben letta questa faccia, 
  13. l’ossa del corpo mio sarieno ancora
  14. in co del ponte presso a Benevento,
  15. sotto la guardia de la grave mora. 
  16. Or le bagna la pioggia e move il vento
  17. di fuor dal regno, quasi lungo ’l Verde
  18. dov’e’ le trasmutò a lume spento. 
  19. Per lor maladizion sì non si perde,
  20. che non possa tornar, l'etterno amore,
  21. mentre che la speranza ha fior del verde. 
  22. Vero è che quale in contumacia more
  23. di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
  24. star li convien da questa ripa in fore, 
  25. per ognun tempo ch’elli è stato, trenta,
  26. in sua presunzïon, se tal decreto
  27. più corto per buon prieghi non diventa. 
  28. Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
  29. revelando a la mia buona Costanza
  30. come m’ hai visto, e anco esto divieto; 
  31. ché qui per quei di là molto s’avanza".
DANTE ALIGHIERI
(nota: 1 sta per 101, numerazione dei versi danteschi de Purgatorio Canto III), in quanto ho preso solo la parte che riguarda Manfredi)


Corradino di Svevia
Un giovinetto
Pallido, e bello, con la chioma d'oro,
Con la pupilla del color del mare,
Con un viso gentil da sventurato,
Toccò la sponda dopo il lungo e mesto    
Remigar de la fuga. Avea la sveva
Stella d'argento sul cimiero azzurro,
Avea l'aquila sveva in sul mantello;
E quantunque affidar non lo dovesse,
Corradino di Svevia era il suo nome.
Il nipote a' superbi imperatori
Perseguito venia limosinando
Una sola di sonno ora quïeta.
E qui nel sonno ei fu tradito; e quivi
Per quanto affaticato occhio si posi,
Non trova mai da quella notte il sonno.
La più bella città de le marine
Vide fremendo fluttuar un velo
Funereo su la piazza: e una bipenne
Calar sul ceppo, ove posava un capo
Con la pupilla del color del mare,
Pallido, altero, e con la chioma d'oro.
E vide un guanto trasvolar dal palco
Sulla livida folla; e non fu scorto
Chi 'l raccogliesse. Ma nel dì segnato
Che da le torri sicule tonâro
Come Arcangeli i Vespri; ei fu veduto
Allor quel guanto, quasi mano viva,
Ghermir la fune che sonò l'appello
Dei beffardi Angioíni innanzi a Dio.
Come dilegua una cadente stella,
Mutò zona lo svevo astro e disparve.
E gemendo l'avita aquila volse
Per morire al natío Reno le piume;
Ma sul Reno natío era un castello,
E sul freddo verone era una madre,
Che lagrimava nell'attesa amara:
"Nobile augello che volando vai,
Se vieni da la dolce itala terra,
Dimmi, ài veduto il figlio mio?" - "Lo vidi;
Era biondo, era bianco, era bëato,
Sotto l'arco d'un tempio era sepolto."

ALEARDO ALEARDI

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